LA VIA FRANCIGENA E LA TOSCANA -1-
Parte Prima - ORIGINI E TERRITORIO
PREMESSA.
Penso che gli Amici del Buon Cammino possano trovare interessanti queste note che ho scritto dopo aver avuto il piacere di assistere ad un incontro-lezione della durata di tre giornate, che la locale Università ha tenuto a Siena nel mese di Novembre.
Il tema affrontato e analizzato dai relatori (professori, docenti e studiosi di storia altomedioevale) era la Via Francigena; un argomento che, assai indirettamente, tocca però anche la Compagnia del Buon Cammino, la quale, nei suoi settimanali itinerari per lungo e per largo il territorio sanminiatese, si trova spessissimo ad incrociare strade bianche, tracce o sentieri che hanno a che fare con la famosissima “strada dei pellegrini” (come venne anche denominata la Francigena a partire dal X secolo).
Ho pertanto deciso di pubblicare, a puntate, quegli appunti, con marcato riferimento ai luoghi in cui la Francigena attraversava la Toscana pensando che tali argomenti, con i loro riferimenti a luoghi, toponimi e località assai ben conosciuti da noi “buoni camminatori”, che spesso, senza saperlo, abbiamo ricalcato, a distanza di oltre un millennio le orme dei nostri avi, possano contribuire ancora di più a farci sentire fieri, fortunati ed onorati a poter godere , in vita, di un territorio così bello, cos’ vario e contemporaneamente così carico di memorie storiche.
ORIGINI
Le prime testimonianze di un tracciato stradale che attraversava la Toscana interna risalgono al VIII secolo laddove Paolo Diacono parla del passaggio di Grimuald attraverso il Monte Bardone (la Cisa) per entrare in Tuscia (Historia Longobardorum). Col passare degli anni le tracce che parlano di questa via si fanno sempre più frequenti, sia nei documenti diplomatici che negli atti notarili ed in seguito anche nelle guide per i pellegrini e nelle memorie di viaggi effettuati. A questo proposito occorre dire che la “via” era, più che una strada, un asse viario con un tracciato vario ma ricostruibile nelle sue linee essenziali. Intendo dire che, coloro che la percorrevano (e inizialmente non si trattava di pellegrini ma piuttosto di mercanti, soldati ed ecclesiastici che si recavano in visita dal Papa) non dovevano necessariamente seguire itinerario segnato, delimitato e certo. La via Francigena era un insieme di sentieri e di passaggi, prevalentemente tracciati in modo da seguire i crinali delle colline ma che permetteva anche leggere digressioni e deviazioni.
L’origine del tracciato, destinato ad acquisire nei secoli, come vedremo, una importanza eccezionale per le località che si trovava ad attraversare, derivava dalla necessità dei Longobardi di collegare il regno di Pavia ai loro ducati meridionali con un itinerario il più possibile al sicuro dalle insidie dei bizantini; in seguito tale itinerario (chiamato via Francigena perché proveniente da nord) divenne (e lo restò per anni) la via privilegiata per chi proveniva da settentrione per raggiungere Roma.
Ma quale era il tracciato della via Francigena in quegli anni? Purtroppo le notizie sono scarse o inesistenti; i pochi viaggiatori che si presero la briga di scrivere una cronaca dei loro viaggi si limitavano perlopiù ad una lista arida e misteriosa di luoghi ricordati per la presenza di un passo, di un guado o di un punto di ristoro.
Occorre arrivare al X secolo e precisamente all’anno 994, quando l’Arcivescovo di Canterbury, Sigeric, di ritorno da Roma, elenca per la prima volta, le località che si trova a passare lungo il suo viaggio: è un elenco preciso e successivo di città, paesi e villaggi che permette, per la prima volta (dopo tre secoli di vita della Francigena) di conoscere il suo tracciato originale. E’ su parte di questo tracciato che spesso, la domenica mattina ci troviamo a percorrere le orme dei nostri coraggiosissimi predecessori.
Per quanto riguarda la Toscana, Sigeric (che impiegò due anni nel suo viaggio da Canterbury a Roma) elenca le seguenti località (qui riportate da nord a sud):
“.. Arne Blanca (fiume Arno), Sce Dionisii (San Genesio), Sce Petre Currant (San Pietro a Coiano), Sce Maria Glan (Santa Maria a Chianni), Sce Gemiane (San Giminiano), Sce Martin in Fosse (San Martino ai Foci), Aelse (Pieve a Elsa), Burgenove (Borgonuovo di Badia a Isola), Seocine (Siena), Arbia (Ponte a Arbia), Turreneir (Torrenieri), Sce Quiric (San Quirico), Abricula (Le Briccole), Sce Peitr in Pail (San Pietro in Paglia),…”
Questo tracciato rimase pressoché invariato per secoli, ed anche quando, nel XII secolo, emersero altri itinerari diversivi (come quello che passava dal fondo valle della Val d’Elsa invece che dai crinali delle colline, o quello che da Lucca puntava su Firenze e da qui a Siena dove si raccordava con il vecchio tracciato), anche allora fu sempre utilizzato, almeno fino alla fine del XV secolo, quando cadde in disuso e velocemente decadde perdendo ogni importanza che non fosse locale.
Possiamo affermare che, da nord a sud, il tracciato della Francigena era il seguente (a partire dalla città di Losanna, dove potevano giungere viaggiatori da Parigi, da Canterbury e da tutto il Nord Europa):
fra Sion e Saint Maurice traversava il Rodano, quindi, tramite il valico del Gran San Bernardo, superava le Alpi e toccava Aosta. Le tappe successive erano, nell’ordine: Ivrea, Vercelli, Pavia (la capitale del regno Longobardo), Piacenza, Berceto; quindi (attraverso il Monte Bardone, l’attuale Cisa) Luni ed il mar Tirreno.
Da Luni (dove la via entrava in Toscana) ad Acquapendente (dove ne usciva) correva il tracciato della Francigena che più ci interessa e del quale ho buttato giù questo schizzo di massima che servirà per traccia visiva quando mi occuperò, nel prossimo capitolo, dell’itinerario toscano di questo eccezionale mezzo di comunicazione medioevale.
R.M.
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